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IL Fantasy non è una cosa da bambini.



Allora, vorrei chiarire che il genere fantasy non è per bambini. Questo è un malinteso che si ripropone un po’ troppo spesso, dovuto all’ignoranza di chi non si ferma nemmeno a riflettere, e allo snobismo culturale di chi è cresciuto nella falsa presunzione che l’unica letteratura valida sia quella politicamente impegnata e categoricamente di sinistra, come se tutti fossero Pasolini. Per inciso, se poi non si sceglie la strada comoda a tripla corsia di criticare la società borghese, che non esiste più, ma si ha il coraggio di mettere il veramente il dito nella piaga come ha fatto Saviano e denunciare quelli che sono i reali mali della società, allora scoppia lo scandalo e l’indignazione.
Iniziamo col non essersi fermati a riflettere: il fantasy è la derivazione dei romanzi cavallereschi, degli epos medievali, prendiamo il più classico e conosciuto: Re Artù; oltre alla parte commovente del ragazzino che estrae la spada dalla roccia che cosa c’è? Risposta incesto, adulterio, parricidio e figlicidio, non mi sembra proprio una lettura da proporre ad un bambino, stessa cosa si può dire della Canzone dei Nibelunghi che finisce in una mattanza senza pari.
Il fantasy è un genere letterario plurisecolare che a differenza di molti altri continua ad avere la sua nutrita schiera di appassionati lettori e scrittori d’alto livello. Non è un caso che alla vetta dei libri più venduti al mondo ci siano (dopo la Bibbia) due autori fantasy: Tolkien e Rowling. Come mai? La risposta che viene spesso data è qualcosa di simile al populismo: ciò che piace alle masse non può avere valore intellettuale, eppure ciò che contraddistingue un capolavoro è la capacità di parlare alle gente senza distinzione di genere, estrazione sociale o luogo di provenienza.
Tolkien era stato proposto per il premio Nobel, ma non gli fu dato perché apparteneva ad un genere letterario secondario, non ho mai capito se con questo si intendesse di livello inferiore, temo di sì. Eppure alla base del Signore degli Anelli c’erano concezioni tratte dall’etica tomista, vorrei ricordare che è quanto di più cervellotico e complesso la civiltà occidentale abbia prodotto e che per essere ben compresa richiede un’immensa cultura umanistica e filosofica.
Posso capire che S.Tommaso d’Aquino non piacesse a Stoccolma, eppure diedero il Nobel a Sartre, che riprende parte dell’etica tomista, chiama solo alcune cose in modo diverso. Sartre rifiutò il nobel, giustamente non era cosa adatta a una persona come lui.

In conclusione, penso che sia arrivato il momento di schiodarsi finalmente dai comodi luoghi comuni degli anni sessanta e guardarsi intorno per vedere cosa succede realmente nel mondo e cosa agita le coscienze e perché; e ammettere che ci sono anche opere valide oltre i confini delle proprie abitudini intellettuali.

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